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Punti di Lagrange

Questo signore dall’aspetto affilato e ottocentesco è Joseph Louis Lagrange, scienziato europeo vissuto tra il Settecento e l’Ottocento, in pieno periodo di Rivoluzione francese e di imprese napoleoniche. Diciamo europeo, perché è nato a Torino (Giuseppe Luigi Lagrangia), e ha lavorato per molti anni a Berlino e poi a Parigi. Un genio indiscusso della matematica e di altre discipline. Perché ne parliamo qui?

Abbiamo un problema: vogliamo mandare nello spazio un telescopio sensibilissimo che ci permetta di esplorare l’universo come nessuno mai prima d’ora. Per ottenere la massima sensibilità occorre che questo telescopio non veda mai il Sole, e neppure la Terra né la Luna, e possibilmente neanche se stesso. Perché ognuno dei corpi che abbiamo menzionato è una sorgente di raggi infrarossi con potenze di gran lunga superiori a quelle che vorremmo rivelare. Come fare?

Primo, e ovvio: schermare il telescopio dal resto del satellite che lo ospita. Un grande ombrello di materiale riflettente e altri accorgimenti divideranno il veicolo in due parti: una calda con tutta la strumentazione, computer, batterie eccetera, e una fredda con il telescopio per l’infrarosso. Questo deve stare a una temperatura inferiore ai 200 gradi sotto zero, in modo da mantenere il più basso possibile il “rumore” prodotto dai sensori e dagli amplificatori del segnale. Ma un satellite, per sua definizione, orbita, ossia percorre un cammino intorno a qualche centro di massa, come la Luna intorno alla Terra, o come il telescopio spaziale Hubble, il papà di quello di cui stiamo parlando. Hubble si trova alternativamente al sole o all’ombra, e dunque è soggetto a notevoli sbalzi di temperatura durante la sua vita. Può fare tante cose, ma non spingersi a osservare piccoli segnali che arrivano dal fondo del cosmo.

Una soluzione sarebbe quella di spedire il telescopio molto lontano, possibilmente fuori dal sistema solare, in modo da ricevere poca energia da sole e pianeti, ma sarebbe molto complicato poi poter comunicare con i sistemi di bordo, a causa della distanza e della impossibilità di alimentarlo.

Allora, vorremmo che il nostro satellite trovasse sempre il sole, la terra e la luna allineati tutti in una direzione, e potesse così rivolgere in quella direzione lo schermo protettivo, i pannelli solari e le antenne per comunicare, mantenendo invece il telescopio orientato nella direzione opposta, rivolto verso l’universo freddissimo. Esiste un modo per ottenere un simile risultato? Sì, e lo dobbiamo al genio di Lagrange e al lavoro dei progettisti delle agenzie spaziali.

Lagrange si occupò di un problema storico della meccanica classica: quello dei tre corpi. Sappiamo tutto dei due corpi, per esempio i sistemi terra-sole o luna-terra: orbite ellittiche e stabili in certe condizioni. Con l’aggiunta di un terzo corpo le cose si complicano. Se questo corpo è piccolissimo rispetto agli altri due, ci sono da risolvere equazioni mostruose. Lagrange se ne occupò e trovò delle bellissime soluzioni. Queste si chiamano “punti di Lagrange”. Sono punti speciali, dove la gravità e la forza centrifuga si compensano, creando delle specie di “pozzi” spaziali dove i corpi celesti naturali o artificiali si comportano in modo speciale: per esempio restano “fermi” in perfetto equilibrio tra sole, terra, luna. Per ogni coppia di corpi celesti in orbita l’uno rispetto all’altro si possono individuare cinque punti di Lagrange.

Punti di Lagrange nel sistema Terra-Sole

Naturalmente l’astronomia si è sempre occupata dello studio di questi punti, e anche la fantascienza ne ha fatto largo uso. L’idea è sempre stata quella di colonizzarli, ossia installarvi delle basi spaziali, dato che su alcuni di questi (L4 e L5) le condizioni orbitali restano stabili, ossia ci si resta indefinitamente senza consumare energia, e inoltre risulta semplice e poco dispendioso usare queste basi come punti di partenza per esplorazioni dello spazio esterno, dato che non c’è da vincere l’attrazione di un pianeta. Anche gli altri sono interessanti, per esempio L1 che si trova in equilibrio gravitazionale tra due corpi e L3 che nel caso del sistema terra-sole è stato considerato come sede possibile di una anti-terra, sempre nascosta dietro il sole quindi mai visibile da noi. Fantascienza, appunto.

Per il nostro problema ci interessa il punto L2. È l’unico a occupare un’orbita esterna rispetto alla Terra: si trova a 1,5 milioni di chilometri. Risponde alla gravitazione solare e terrestre, controbilanciandole con una spinta centrifuga. Un oggetto che si trova lì, arrivandoci con velocità zero, tende a restare in zona. Non proprio stabilmente, dato che avrà bisogno di piccole correzioni di tanto in tanto. Ma soddisfa le nostre richieste: Terra, Sole e Luna sono tutti dalla stessa parte e possono venire schermati per mantenere freddo il telescopio. Inoltre la distanza dal sole permette di avere pannelli solari efficienti e la relativa vicinanza con la terra (solo cinque secondi-luce) permette un facile controllo e un flusso di dati efficiente e continuo: con sole tre stazioni terrestri è possibile effettuare osservazioni per tutto l’arco della giornata e per tutti in giorni dell’anno.

Per questi motivi L2 è stato scelto per alcune missioni osservative spaziali, la più importante delle quali, attiva dal 2022, è il telescopio a infrarossi James E. Webb, detto anche Next Generation Space Telescope di cui si è parlato anche nella stampa e nei telegiornali. Come probabilmente sapete, questo strumento nato dalla collaborazione tra alcune agenzie spaziali, costato 10 miliardi di dollari, è attivo e perfettamente in funzione: la Nasa ha diffuso le prime immagini nel luglio 2022, e sono all’altezza delle aspettative. La relativa pagina di Wikipedia, perfettamente aggiornata, permette ai più curiosi di scienza di saperne di più.

Qualcuno potrebbe chiedersi: ma chi è questo James E. Webb a cui è intitolato questo meraviglioso strumento? La risposta potrebbe deludere, dato che non si tratta di uno scienziato, o di un astronomo, ma di un funzionario. Fu lui a guidare la Nasa durante il primo periodo dell’era spaziale, prima delle missioni lunari.

Per quanto riguarda Lagrange, a cui secondo noi sarebbe spettato di diritto il titolo, probabilmente oggi sarebbe soddisfatto di scoprire che le sue ricerche, allora puramente teoriche, non sono servite solo per riempire libri di matematica e programmi di studio per studenti spaventati, ma trovano applicazioni nella scienza di frontiera, quella che ci permetterà di aggiungere alcune certezze e infiniti dubbi al librone della cosmologia.

(Zero37, 29 agosto 2022)

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