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Salvare la memoria

Da poco è morto un nostro caro amico. Aveva più di novant’anni, e aveva trascorso una vita geniale tra progetti, studi, letture curiose, frequentazioni di ambienti e di persone stimolanti. Ancora negli ultimi giorni poteva conversare citando con precisione fatti, date, formule matematiche, avvenimenti anche remoti. Purtroppo però non ha mai pensato di scrivere libri, come invece hanno fatto altri talenti a lui simili, né ha lasciato altre memorie. La nostra impressione è che si sentisse immortale, tanto era vasto il mondo interiore nel quale si muoveva con leggerezza e disinvoltura. Che senso ha, pensava, perdere tempo a scrivere e descrivere cose che già conosco, quando c’è ancora tanto da studiare, da imparare, su cui ragionare? Così quando se ne è andato ci ha lasciato del tutto privi, per sempre, della sua memoria.

Chissà se sarà mai possibile, ragionavamo durante la veglia funebre nella sua casa elegante e decadente; se sarà mai possibile salvare il contenuto di un cervello come questo in un banco di memoria, prima che vada tutto azzerato nei pochi minuti che seguono la morte. Uno di noi, più esperto degli altri in questioni informatiche, ci ha subito tolto ogni illusione, aiutato anche da alcuni articoli scientifici al riguardo.

Uno di questi articoli è apparso recentemente sulla rivista online The Conversation, dalla quale prendiamo spesso ispirazione. Anzi, consigliamo a tutte le persone curiose che conoscono l’inglese scritto di iscriversi alla newsletter del sito: esiste in diverse edizioni tra cui una europea e una britannica. Tornando all’articolo in questione, è stato scritto da Guillaume Thierry, professore di neuroscienze cognitive all’università di Bangor. Il titolo recita When will I be able to upload my brain to a computer?, che detto così potrebbe anche dare adito a un certo ottimismo. La risposta, sviluppata e argomentata nel corso dell’articolo, è assolutamente certa: mai.

Noi forse tendiamo a non rendercene conto, ma il nostro cervello è di gran lunga più grosso, veloce e potente di qualunque computer siamo riusciti a realizzare finora, sia come quantità di dati immagazzinabili, sia come vera e propria potenza di calcolo, che comprende anche la capacità di estrarre e utilizzare ciascun elemento memorizzato. Insomma, non è solo una questione di numero di neuroni – che possiamo immaginare come singole celle di memoria – ma soprattutto di connessioni tra essi. Thierry riporta un esperimento realizzato all’Allen Institute for Brain Science di Seattle, dove è stata mappata la struttura tridimensionale di tutti i neuroni (cellule cerebrali) compresi in un millimetro cubo del cervello di un topo – un traguardo considerato straordinario. All’interno di questo frammento di tessuto cerebrale, delle dimensioni di un granello di sabbia, i ricercatori hanno contato più di 100.000 neuroni e più di un miliardo di connessioni tra di essi. Sono riusciti a registrare su computer le informazioni corrispondenti, compresa la forma e la configurazione di ogni neurone e connessione, il che ha richiesto due petabyte, ovvero due milioni di gigabyte di memoria. Per fare questo, i loro microscopi automatici hanno dovuto raccogliere 100 milioni di immagini di 25.000 fette del minuscolo campione in modo continuo per diversi mesi. Un miliardo di connessioni per centomila neuroni. È questa la grande forza del pensiero. Provate a immaginare quel granello di sabbia riportato tante volte quante servono per arrivare alle dimensioni del nostro cervello, che di neuroni ne contiene oltre cento miliardi, il che corrisponde a circa 1015 connessioni. Si raggiungono facilmente cifre che somigliano a quelle che si usano per descrivere l’universo. Come provare a descrivere l’universo in tutta la sua interezza: massa, posizione, relazioni intercorrenti tra tutti i corpi che lo costituiscono.

Fin qui abbiamo parlato di numeri, e qualcuno potrebbe dire: ok, sappiamo tutti che ciò che sembra impossibile oggi diventerà facile domani, e lo dirà mostrando con orgoglio il suo smartphone. Vero, ma il cervello non è solo una collezione di piccoli oggetti, hardware e software, ma è un organismo vivo, in continua evoluzione nel tempo e nello spazio. Ogni giorno perdiamo parecchie decine di migliaia di neuroni. Alcuni di questi muoiono perché non hanno mai trovato un impiego utile nel sistema, dunque vengono semplicemente soppressi per questioni di economia. Altri invece muoiono in seguito a qualche guasto, di cui per fortuna siamo del tutto inconsapevoli, perché il sistema si autoripara. Sapete quando non ci viene in mente un nome o un pin per il bancomat, che conoscevamo benissimo fino a ieri? Con uno sforzo di memoria, facendo ricorso ad analogie o assonanze o altri percorsi, a un certo punto la mente ci riconsegna il dato. In realtà quel lavoro, quello sforzo di ricordare è costato una serie di tentativi, di percorsi sbarrati, di piste intricate che hanno letteralmente ricostruito una piccola porzione della nostra memoria, e l’hanno rimappata in modo da averla nuovamente a disposizione. Questo è un meccanismo ancora del tutto oscuro per noi, che possediamo un’idea piuttosto rozza e superficiale della struttura e del funzionamento del cervello.

Il risultato è che il mio cervello è diverso istante per istante: quando impara qualcosa o acquisisce un’abilità, quando dimentica o archivia i ricordi. Quando si innamora o quando è affetto da ansia o si gode l’appagamento di un bel risultato, quando progetta un palazzo o compone una canzone, o magari quando pensa semplicemente un numero. Ma qui scivoliamo in campi diversi della ricerca, come la psicologia o le neuroscienze in generale, che pian piano stanno dando tante risposte sul come funziona la mente, ma ancora non sono in grado di individuare dove e cosa siano ricordi, pensieri, paure, affetti. Provate a immaginare questa domanda: Il cervello di Antonio conosce la combinazione per aprire una certa cassaforte? E se sì: siamo in grado di trovarla senza che lui se ne accorga? Quando saremo in grado di rispondere affermativamente a questa semplice domanda, allora forse potremo avviare il backup del cervello di un nostro amico geniale prima che si riduca in pappa per mancanza di ossigeno e nutrimento.

(Zero37, febbraio 2023)

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