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Self-publishing? No, grazie!

Sembra la cosa più facile del mondo, con tutti i mezzi che ormai abbiamo a disposizione. Qualcuno di noi, più anziano, viene da un passato nel quale la macchina da scrivere meccanica era un lusso: altrimenti si scriveva a mano. Nonostante ciò, molti già accarezzavano la velleità di pubblicare da sé i propri testi. E si attrezzavano. C’erano docenti universitari che producevano le dispense per i loro corsi servendosi di macchina da scrivere e ciclostile, un macchinario inventato ai primi del ‘900 che forniva copie partendo da matrici dattiloscritte o tracciate a mano. Poi subentrò la fotocopiatrice per grandi volumi (la Rank Xerox), con risultati simili. I fogli stampati venivano poi portati in legatoria, dove si provvedeva a rilegarli in qualche modo e a fornirli di una copertina. Molti di noi hanno fatto in tempo a studiare su quei volumi. Belli? Brutti? L’estetica allora non veniva minimamente considerata: erano tollerate anche le cancellazioni nel testo e l’aggiunta a mano di caratteri speciali, formule eccetera. Da lì siamo partiti.

Poi c’erano le tipografie cittadine, con le loro macchine per composizione a mano che profumavano di inchiostro e di grasso. Oltre a stampare biglietti da visita e partecipazioni di nozze, molte erano attrezzate per produrre libri in piccola tiratura. Non è difficile trovare ancora sulle bancarelle e nei mercatini dei libriccini anonimi, stampati su carta bianchissima un po’ pesante, che contengono in genere raccolte di poesie o memorie personali. L’autore doveva sostenere tutte le spese, che comprendevano la composizione e la stampa della tiratura minima che non scendeva mai sotto qualche centinaio di copie. Conosciamo alcuni aspiranti poeti che ancora si siedono sulle scatole dei loro libri, in attesa di decidere cosa farne.

Ma quello era il passato remoto. Trent’anni fa è arrivato il desktop publishing, e tutto è cambiato per l’editore fai-da-te. Non che fosse economico allora, ma con una spesa adeguata era possibile mettersi a casa computer, stampante, taglierine e accessori vari, oltre ai programmi semiprofessionali per l’impaginazione di testi, e a una fioritura di libri sull’argomento. L’editoria diventava personal come il computer. Contemporaneamente sorgevano i laboratori di tipografia digitale, in grado di svolgere il servizio completo di stampa e legatura anche per un singolo pezzo. Questa rivoluzione è arrivata fino ai nostri giorni, evolvendosi negli anni e acquisendo caratteristiche sempre più professionali a prezzi sempre più accessibili. Si chiama, come sanno tutti, print-on demand, ossia stampa a richiesta. Sono arrivati anche gli standard per lo scambio dei file, primo tra tutti il pdf (Portable Document Format), che permette a tutti i sistemi di parlare tra loro, cosa che prima era impossibile. Una grande conquista.

Anche i programmi si sono evoluti. A questo proposito occorrerebbe mantenere sempre una distinzione tra gli elaboratori di testi e i programmi di impaginazione. Coi primi, il cui principe in assoluto è Word con i suoi cugini compatibili, si preparano dei testi stampabili, con o senza figure, con o senza caratteri speciali o formule. Con gli altri, capeggiati da Indesign, si fa della vera e propria composizione tipografica, ossia si preparano le pagine per una pubblicazione. In alternativa esiste il mondo di LaTeX, nato per le pubblicazioni scientifiche e oggi diffuso tra tantissimi editori, essendo gratuito e documentatissimo.

Molti pensano di poter forzare Word fino a fargli impaginare dei testi professionali. Non è così. La produzione editoriale è una materia ben differente dalla semplice elaborazione di testi. Richiede la perfetta conoscenza di regole geometriche ed estetiche, oltre alla padronanza di stili e dimensioni dei caratteri, della giacitura della pagina e tutto un bagaglio che viene da secoli di evoluzione di un’arte raffinata.

Intanto il web si è riempito di aziende che si presentano come case editrici e si offrono di pubblicare il tuo libro, con qualità professionale e distribuzione nazionale. Hanno un bouquet di prestazioni che vanno dalla semplice stampa di un file pdf già pronto, completo di copertina a cura dello stesso autore, fino alla redazione del testo, impaginazione, design della copertina e stampa finale. Alcuni offrono servizi editoriali veri e propri, come la valutazione e la revisione di un testo. Ovviamente i prezzi cambiano in proporzione. Per quanto riguarda la cosiddetta distribuzione nazionale, si tratta di corredare il volume di un numero ISBN (International Standard Book Number) che lo inserisce di diritto nel catalogo nazionale dei libri stampati e, dopo un certo tempo, lo rende visibile nei siti di vendita online. Ovviamente, tutto ciò ha un costo, ma almeno non ti riempie il garage di copie del tuo libro che non riuscirai mai a vendere.

E, sì, perché il vero problema ormai è vendere i libri, dopo averli scritti, redatti, impaginati, stampati. Vorremmo consigliarvi di non dare troppa retta alle aziende che vi mostrano un sito web scintillante, ammiccante, ricco. Vi mostrano tutti i libri che sono entrati recentemente in catalogo, e vi invitano a far parte della comunità promettendo ricche percentuali per ogni copia venduta, senza l’onere dell’acquisto di un numero prefissato di copie. Ma sanno bene che ogni autore è disposto ad acquistare per sé alcune copie, per regalarle o tentare di venderle privatamente. È proprio da lì, e dai servizi aggiuntivi che abbiamo visto prima, che ricavano il loro guadagno per il tuo libro. Dopodiché lo abbandonano, pur tenendolo in catalogo per un tempo indefinito. Per loro il tuo libro non ha alcun costo, dato che non hanno un magazzino fisico, ma solo virtuale. Alcuni volumi in catalogo non sono mai stati stampati, neppure una copia. Non si mettono certo a fare promozioni, presentazioni, pubblicità sulla carta stampata o in tv e neppure sul web. Tutto ciò costerebbe, sarebbe un investimento. Questi investimenti sono giustificabili per autori noti e per libri da vendere a decine di migliaia di copie. Il tuo libro, magari bellissimo, non l’hanno neppure letto. Ci puoi scommettere.

Qualcuno dirà: ma cosa c’entra tutto questo con il self-publishing? Bene, è proprio questo, oggi, il self-publishing. Non c’è più il tipografo che ti costringe ad acquistare dieci scatoloni di libri bruttini, mal stampati e mal rilegati, ma al suo posto c’è un sito accattivante, che con una “piccola” spese ti confeziona un volume con la copertina a colori, ordinabile solo online, ma dotato di un numero ISBN che lo fa apparire magicamente in ogni catalogo libraio online: La Feltrinelli, Libreria Universitaria, Mondadori Store eccetera (Provate a entrare su uno qualunque di questi siti e digitare la ricerca con parola chiave “zero37”). Questi cataloghi sono basati su sistemi automatici, non sorvegliati da umani, che si aggiornano continuamente dal catalogo nazionale, estraggono le schede e le inseriscono nel database. In questo “giro” ci guadagnano tutti, anche il sistema bibliotecario nazionale che gestisce la numerazione ISBN, fornendo pacchetti di prefissi a basso costo agli editori (più son grossi, meno pagano), e da alcuni anni anche singoli numeri all’editore in proprio, che per avere la soddisfazione di poter stampare un codice a barre in quarta di copertina deve sborsare quasi cento euro.

Occorrerebbe sempre essere consapevoli di ciò che sta dietro la pubblicazione di un libro, soprattutto del numero – spaventoso – di nuovi titoli che vengono pubblicati ogni mese: quasi cinquemila che si aggiungono continuamente ai titoli già esistenti: centinaia di migliaia in pochi anni, solo per stare in Italia. È in questo mare che gettiamo il nostro piccolo figlio, sperando che possa imparare a nuotare e cavarsela da solo, ma è una speranza piuttosto ingenua.

L’alternativa c’è: è quella di proporre il proprio lavoro a una vera casa editrice, grande media o piccola. Tutti gli editori accettano manoscritti in visione, è il loro mestiere dopotutto. Hanno degli appositi uffici che si occupano proprio della lettura, e spesso forniscono delle risposte. La migliore sarebbe l’accettazione: il libro è buono, ci crediamo e lo pubblichiamo volentieri. Questo è ovviamente un sogno che si realizza raramente. La peggiore è la bocciatura senza appello, o anche la mancata risposta, ma ci sono delle possibilità intermedie, che permettono all’autore di essere inserito in catalogo, e cioè di vedere il proprio libro pubblicato da un vero editore, magari senza un compenso diretto ma con tutto il supporto professionale che serve: grafica di copertina, impaginazione accurata e tutto il resto. Questo può capitare soprattutto con le piccole case editrici, che non lavorano sui bestseller ma curano pubblicazioni in piccola tiratura scommettendo sul valore e sulla qualità.

Può anche capitare che l’editore chieda un “piccolo contributo” per sostenere le spese vive della pubblicazione. In questo caso occorre stare attenti, dato che esistono case editrici non troppo serie che vivono e lucrano proprio grazie a questi “piccoli contributi”, senza tentare neppure di promuovere le vendite. Questo ce lo insegna Umberto Eco nei primi capitoli del Pendolo di Foucault, e non andrebbe mai dimenticato.

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