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Storia di Halloween – 2

La Festa dei Morti

Nella prima parte di questo articolo abbiamo parlato di Robert Grant Haliburton, lo scienziato canadese che cercava di unificare l’origine dell’umanità seguendo usanze e miti, tra cui la festa di Ognissanti. Ciò che scoprì gli fece dire in seguito: “le coincidenze nell’osservanza di questa festa da parte di diverse nazioni erano molto più sorprendenti di quanto avessi supposto”. Fu così che passò gran parte del tempo libero a studiare e a raccogliere dati sulle feste legate al culto dei morti nelle varie tradizioni, arrivando a pubblicare un saggio nel 1868. Lui stesso non poteva credere a quello che scopriva:

“… un fatto nuovo e sorprendente è stato scoperto quando sono venuto a leggere il documento che avevo preparato … era singolare che la festa dei morti tra gli antichi peruviani fosse celebrata nello stesso giorno degli spagnoli, cioè il giorno di Tutte le Anime, il 2 novembre. Avevo anche considerato questo fatto come una curiosa coincidenza; ma era generalmente osservato in novembre sia a sud che a nord dell’equatore, un fatto così notevole che era evidente che qualunque potesse essere la causa, doveva essere qualcosa di finora sconosciuto. . .

“[Questa festa] è ora, o era in passato, osservata all’inizio o quasi di novembre dai peruviani, dagli indù, dagli abitanti delle isole del Pacifico, dal popolo delle isole Tonga, dagli australiani, dagli Aztechi, dagli antichi egizi e dalle nazioni settentrionali dell’Europa, e continua per tre giorni tra i giapponesi, gli indù, gli australiani, gli antichi romani e gli antichi egizi.

“Era evidente che l’uniformità non poteva essere stata causata o conservata da alcun calendario a noi noto, e che la festa doveva essere originariamente regolata da qualche segno visibile che la natura aveva fornito ai nostri antenati come ai peruviani: il sorgere di una particolare costellazione”.

Quest’ultima è la grande intuizione di Haliburton: un “segno visibile” della natura. E quale può essere un segno della natura visibile a tutte le latitudini, se non un oggetto astronomico?

Dal 23 ottobre al 22 novembre il Sole transita nel segno dello Scorpione. Questo segno è tradizionalmente associato alla morte. Ovviamente, alle latitudini temperate settentrionali è questo il segno in cui si verifica il raccolto, seguito dalla morte o la dormienza del regno vegetale, entrambe questioni di vita e di morte per una società basata sull’agricoltura. Lo Scorpione è il segno zodiacale assegnato alla 13a carta degli arcani maggiori del mazzo dei Tarocchi: La Morte. L’immagine di questa carta si riferisce direttamente ai significati simbolici alla base dell’antica Festa dei Morti. Insomma, per quanto possa servire, anche le antiche superstizioni trovano naturale che le anime dei defunti siano più presenti nei giorni di fine ottobre-inizio novembre che nel resto dell’anno. Alla morte, inoltre, è associato il concetto di fine del mondo. Pensieri cupi per l’inizio dell’inverno o c’è dell’altro?

La costellazione a cui accenna Haliburton è quella delle Pleiadi, non esattamente una costellazione ma – lo sappiamo oggi – un ammasso stellare che si trova nella costellazione del Toro. Sono tante stelle ben raggruppate tra cui sei chiaramente visibili, a forma di coroncina di rosario (o chiavetta). Tanto riconoscibili che gli antichi le usavano per dividere l’anno in due stagioni (Anno delle Pleiadi). Sorgono subito dopo il tramonto all’inizio di novembre, e quindi sono alte in cielo nelle notti invernali. Questa fortunata costellazione è stata utilizzata per creare i primi, rudimentali calendari, che dividevano semplicemente l’anno in due parti: i mesi delle “Pleiadi sopra” e i mesi delle “Pleiadi sotto”, distinguendo chiaramente la bella stagione delle semine e dei raccolti dalla brutta stagione del riposo della terra. Ancora però non sappiamo cosa possa collegare trasversalmente il culto dei morti alle innocenti Pleiadi, per quanto suggestive e legate a decine di miti e leggende. Abbiamo bisogno di un altro indizio e ce lo fornisce l’astronomo Stansbury Hagar nel 1931. In un contributo alla rivista Popular Astronomy (da cui è tratta l’immagine sotto il titolo) per il numero di agosto-settembre di quell’anno, Hagar discute le tradizioni del Messico precolombiano che erano recentemente giunte all’attenzione del mondo accademico.

Diluvi e cataclismi

“Prima dell’arrivo dei primi spagnoli in Messico, oltre 400 anni fa, e probabilmente molto prima, i messicani raccontavano di alcune stelle chiamate Tzontemocque o Capelli Cadenti, che cadevano dal cielo alla terra con il Signore dei Morti. La loro caduta veniva commemorata ogni anno nella festa di Quecholli, che si diceva si tenesse verso la fine di ottobre.  Questa festa, e la caduta delle stelle, era associata alla fine del mondo.

“Il Signore dei Morti governava la Festa dei Morti che precedeva il Quecholli, durante la quale si supponeva che gli spiriti dei morti tornassero sulla terra dal mondo delle anime nel cielo. Senza dubbio si credeva che fossero accompagnati dalla loro divinità, la cui caduta è menzionata nel rituale”.

A questo punto occorre fare una piccola parentesi astronomica. Abbiamo visto sopra che le Pleiadi appartengono alla costellazione del Toro. Abbiamo anche appurato che sono molto note nelle culture contadine arcaiche, in quanto segnano l’anno agricolo. Dunque possiamo immaginarci molti occhi puntati in cielo nel periodo giusto del sorgere e del culminare di questi messaggeri del tempo. Cosa vedono questi occhi? Guarda caso, non vedono solo le Pleiadi e le stelle fisse che le circondano, ma proprio a novembre vedono degli sciami meteorici, delle “stelle cadenti” che prendono proprio il nome di Tauridi, in quanto appaiono prospetticamente come provenienti da quella costellazione. In certi anni sono più numerose e vivaci, in altri di meno. Come le note stelle cadenti di San Lorenzo, visibili alle nostre latitudini nelle notti intorno al 10 agosto. Quelle sono le Perseidi, in quanto appaiono provenire dalla costellazione di Perseo. È la Terra che nella sua orbita incontra le orbite di frammenti di comete che continuano a vorticare intorno al Sole. Sono in genere frammenti piccoli, che si incendiano al contatto con l’atmosfera provocando una simpatica scia luminosa e nient’altro. Ma, ogni tanto, ci sono frammenti grossi, anche molto grossi. E lasciano il segno, come nella storia che raccontiamo adesso.

Immaginatevi gli occhi dei sacerdoti precolombiani, intenti a osservare i segni benevoli del cielo in una notte limpida di novembre di qualche migliaio di anni fa. Quelli che scendono sono gli spiriti dei morti, che tornano sulla terra dal mondo delle anime nel cielo. Sono belli e innocui. Ma in quella particolare notte arriva ben altro: è lo stesso Dio dei Morti che precipita portando con sé una palla di fuoco. È la fine del mondo, nella quale le foreste si incendiano, i fiumi straripano, ondate gigantesche arrivano dal mare travolgendo tutto, gli animali fuggono terrorizzati, moltissime persone muoiono. (Si tratta, molto probabilmente, di un grosso frammento di una cometa, come racconteremo in un prossimo articolo). Il ricordo di quella notte resterà per sempre nella memoria dei sopravvissuti e dei loro discendenti. A seconda della percezione della catastrofe, sarà ricordata come un grande diluvio (!), oppure come un incendio devastante, un terremoto o un’inondazione che sommerge tutto. Il cielo resterà oscurato per molto tempo avvolgendo tutto nel buio e nel gelo di un mondo senza sole. Da quel momento in poi, l’arrivo delle Pleiadi a novembre sarà per sempre associato alla morte, e sarà celebrato con feste che, oltre a ricordare chi non c’è più, servono a scongiurare che quella catastrofe si ripeta.

Insomma, per tornare ad Halloween, abbiamo gli elementi per spiegare, senza troppo sforzo, sia il culto dei morti, legato alle stelle cadenti e alle meteore distruttrici, sia i riti ad esso legati, molto interessanti – e cruenti – in certe parti del mondo, e ridotti oggi all’innocente richiesta “dolcetto o scherzetto”. Sembra che lo scherzetto ce l’abbia fatto, alcuni millenni fa, un pezzo di cometa venuto giù insieme agli spiriti dei morti, proprio nei primi giorni di novembre.

In un prossimo articolo, un pochino più tecnico, cercheremo di dimostrare che queste orrende fantasie hanno un fondo di verità, e che probabilmente, mentre i popoli precolombiani subivano la catastrofe di fuoco, in altri angoli della Terra arrivavano catastrofi d’acqua, come quelle che possono derivare dalla caduta di un grosso meteorite nel mare. Parleremo anche di Tunguska, la località della Siberia dove nel 1908 è avvenuta una catastrofe immane, e scopriremo come sia collegata col Signore dei Morti.

(zer037, ottobre 2023)

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