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L’ignoranza crea pianeti

Avete mai sentito parlare dell’etere? Quel “fluido sottilissimo” che avrebbe dovuto pervadere l’universo intero, permettendo alla luce di viaggiare, dato che le onde luminose non avrebbero potuto muoversi nel vuoto, così come capita per le onde acustiche. Ancora oggi, parlando di trasmissioni radio o tv, si parla di etere. Fu Maxwell alla fine dell’Ottocento a scrivere delle bellissime equazioni che dimostravano senza ombra di dubbio che la luce non ha bisogno di alcun mezzo per propagarsi, e un famoso esperimento seppellì definitivamente l’etere.

Tuttavia, per molti anni gli scienziati avevano avuto bisogno di qualcosa su cui poggiare le loro teorie, e il fantomatico fluido andava a pennello. Lo stesso era capitato per altre sostanze più o meno fantasiose, come quelle che avrebbero dovuto spiegare la combustione nel XIX Secolo. Sempre così, utilizzando ciò che si aveva per spiegare ciò che si vedeva – ma non si riusciva a capire bene. L’Uomo, si sa, non accetta di non avere una spiegazione, e in mancanza di meglio se l’inventa, pescando nel naturale, ma anche nel soprannaturale. Così nascono gli Dei che scagliano fulmini (e chi altri sennò?), gli angeli che mantengono in rotazione la sfera celeste, le varie superstizioni e tutto quello che sappiamo, e di cui non sempre poi è facile liberarsi.

Ma con l’aumento delle conoscenze capita qualcosa di nuovo, molto meno innocente degli esempi a cui abbiamo accennato. Qualcuno pensa: bene, siamo arrivati a sapere quasi tutto, ora non ci resta che mettere a punto i dettagli. Ci si casca con facilità, specie in periodi di grande progresso scientifico, come la fine dell’Ottocento: elettricità, chimica, termodinamica, meccanica, fisica atomica eccetera. Quelli erano gli strumenti ormai perfetti: bastava solo cominciare a usarli bene e avrebbero spiegato tutto.

Capitò che un grande astronomo francese decidesse di utilizzare le osservazioni precisissime dell’orbita di Mercurio per provare la validità della meccanica newtoniana. Tralasciamo nomi e dettagli, che riguardano la precessione dell’orbita di quel pianeta. I risultati erano differenti dalla teoria, anche se di pochissimo: poche decine di secondi d’arco per secolo (!), e non si riusciva a migliorarli neppure perfezionando strumenti e metodi di calcolo. Ebbene, anziché dire ok, ci sfugge qualcosa, magari in futuro si chiarirà, ci si incaponiva per risolvere il mistero dell’anomalia di Mercurio. Soluzione: ci deve essere un piccolo pianeta che disturba l’orbita e produce questi effetti. Detto fatto: si annuncia la teoria del nuovo pianeta, posto tra il Sole e Mercurio e, udite udite: lo si trova! Lo trova un oscuro astrofilo francese, e poi arrivano le conferme da varie parti del mondo, specie dagli USA. Riescono a vederlo durante i suoi transiti davanti al Sole. Qualcuno vince dei premi, e nelle carte celesti trova posto il nuovo nato: Vulcano.

Peccato però che non sia mai esistito nessun Vulcano, e che pochi anni dopo, la teoria della Relatività Generale di Einstein riuscisse a spiegare in modo impeccabile le presunte anomalie dell’orbita di Mercurio, dovute alla curvatura dello spazio-tempo prevista proprio dalla Relatività. Addio quindi al piccolo pianeta, nato solo per mettere una pezza sulla nostra ignoranza.

E oggi? Beh, ragazzi, oggi sappiamo veramente tutto, la relatività è ormai matura, abbiamo le teorie quantistiche più sofisticate, che ci porteranno ben presto al teletrasporto e alle altre meraviglie fantascientifiche, sappiamo manipolare i nuclei atomici e le cellule, sappiamo costruire sistemi di calcolo in grado di pensare autonomamente, insomma, non ci resta che “mettere a punto i dettagli”… o forse no? Il piccolo vecchio Vulcano sta lì, sorridendo, a ricordarci che le sorprese non mancano mai, e sono sempre diverse dalle aspettative.

Trovate la storia completa, con nomi e date, nel numero di maggio della rivista Query, l’organo ufficiale del Cicap. Quello che abbiamo riassunto qui vuole essere solo un invito a meditare e a non saltare a facili conclusioni, anche nelle semplici vicende della vita comune.

Zer037, giugno 2025

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